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I CANTORI DELLA BOLOGNESITA'

I Cantori della Bolognesità: Testo

CARLO MUSI

Nato a Bologna il 17 marzo 1851 vi morì il 23 febbraio 1920. Fu canzonettista e attore dialettale. Non avendo una famiglia ricca alle spalle che gli permettesse di esprimere la sua vocazione artistica (era figlio di un cameriere), mantenne economicamente la sua vocazione facendo ogni tipo di mestiere: commesso di negozio, mercante di stoffe, commesso viaggiatore e, dal 1901 in poi, fu impiegato delle Regie Poste. Proprio dietro i moduli postali degli uffici della stazione sono vergati molti dei suoi monologhi, poesie e canzonette. Conosciuto, oltre che per il suo talento, per la sua fama di impenitente biasanot: colui che mastica la notte, un gaudente nottambulo, frequentatore di locali e di allegre compagnie, amante della buona tavola e del buon vino. Per esempio fu visto dai passanti addormentato dentro alla vetrina del negozio Baroni. Definito da Testoni "l’ultimo vero erede e discendente di Giulio Cesare Croce" e da Fausto Carpani “un Petrolini bolognese”, compose canzonette e monologhi di grande successo e sotto pseudonimo si firmava Simulacro. Recitò inoltre con Galli e Magazzari, interpretando spesso il tipo del popolano ubriacone. Il periodo di intensa attività artistica si svolge tra il 1882 e il 1917, e di alcune sue interpretazioni sono giunte registrazioni discografiche. Sia nelle canzonette sia nei monologhi si colgono ancora oggi una arguzia insuperata nel servirsi delle potenzialità espressive del dialetto e un’estrema capacità nella scelta dei personaggi e delle situazioni che interpretava con sagace istinto comico. Pur essendo musicalmente analfabeta, memorizzava quanto creava fischiettando per poi avvalersi della collaborazione del maestro Egberto Tartarini per fissare il tutto sotto forma di note. La sua produzione, completa di testi e spartiti, fu raccolta nel volume “El mi canzunètt”, edito dalla Libreria Brugnoli. Molte di queste canzonette (le più note sono “Piron èl furnar” e “L’era Fasol”) sono state poi tramandate da altri interpreti bolognesi. Si possono ricordare, tra gli altri: Dino Sarti, Quinto Ferrari, Adrianén e Fausto Carpani.

Un omaggio particolare gli fu rivolto negli anni ’50 da Serge Reggiani, attore italo francese. Durante una puntata del Musichiere, nella quale era ospite d’Onore, Reggiani scelse di cantare proprio L’era Fasol. Riposa nel sotterraneo del Campo Carducci, poco distante dal Premio Nobel per la Letteratura.

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QUINTO FERRARI

Originario del Borgo di San Pietro, zona popolare del centro storico di Bologna, Quinto Ferrari (24/05/1907 - 04/09/1995), cominciò a cantare i suoi testi solo da pensionato, ma scrisse tutta la vita. lavorò come tipografo anche presso Il resto del Carlino. Ebbe il grande merito di aver fatto nascere la canzone dialettale bolognese d’autore. Se prima il dialetto petroniano era associato solo a canzoni dall’umorismo grossolano, con Ferrari diventa un tramite per esprimere temi profondi, intimi, come gli affetti e la paura della morte. Si esibiva all’Osteria delle Dame, al Moretto, all’Autotreno di via Secchia, al Mulino Bruciato. Tra le sue canzoni più celebri certamente vanno ricordate La Madunénna dal Båurg San Pîr (La Madonnina del Borgo San Pietro) e Nustalgî d Bulåggna (Nostalgia di Bologna). Gli fu assegnato l’Archiginnasio d’Argento in occasione dei suoi ottant’anni e, poco prima della morte, il Nettuno d’Oro. La cerimonia si svolse nella sala Rossa del Comune gremita di amici, appassionati e attori dialettali. Ad un certo punto i presenti si misero a cantare, prima sommessamente, poi sempre più forte, finché si mise a cantare anche il sindaco Walter Vitali. Riposa nel Campo delle Palme della Certosa di Bologna, loculo n. 537. Elisa Musi

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ADRIANEN

Adriano Ungarelli (1925- 3 aprile 2013)

È considerato uno dei migliori interpreti dialettali di una Bologna che raccontava sia cantando testi scritti da lui, sia riportando alla luce composizioni di Carlo Musi e di altri autori felsinei.
La più nota di queste, quella che certamente gli ha dato maggior notorietà, è stata La risata, rielaborazione di Al rédder, un testo di Musi che per la prima volta gli capitò tra le mani quando era ancora bambino.
Ha cantato e inciso molti dischi in dialetto bolognese con il Trio di Leonildo Marcheselli ed è stato il primo cantante dialettale a far mettere propri dischi nei juke box. Nel suo repertorio era sempre viva la voglia di vivere e di riscatto dei bolognesi usciti distrutti dall Seconda guerra mondiale. Bèla Bulåggna in particolare si può considerare il "manifesto" di questa propensione al divertimento e al riscatto morale ed economico della città.
Nato nel 1925 in uno dei quartieri doc di Bologna, il Pratello, si trasferisce giovanissimo in riva al Reno perché il padre lavora come magazziniere in un capannone situato ai bordi del fiume. E proprio lo scorrere imprevedibile del fiume, lento e pacioso ma anche tumultuoso e terribile durante le piene, ispira il giovane Adrianén, che da autodidatta inizia giovanissimo a cantare e a scrivere proprie canzoni. I primi "esperimenti" canori li fa per aiutare gli amici che gli commissionano serenate alle ragazze più affascinanti. A volte queste esibizioni si trasformano in vere  proprie docce, quando si trova a intonare le serenate sotto la finestra sbagliata.
Ma prima di diventare stornellatore ufficiale viene scelto come mascotte dai barrocciai che frequentano la trattoria Verde Luna di Pippo, punto di sosta privilegiato, a due passi da casa sua.
Lo scoppio della Seconda guerra mondiale e prima ancora l'avvento del fascismo incidono profondamente nella vita di Adrianén che subisce la deportazione in Germania e sfiora la morte durante un'esecuzione di massa all'interno della Selva Nera. Fingendosi morto, semisepolto dai corpi dei giustiziati, riesce ad evitare il colpo alla nuca e di notte fugge mentre le sentinelle di guardia sonnecchiano.
Terminata la guerra riprende ovviamente a cantare e diventa in breve tempo punto di riferimento per gli amanti della canzone dialettale bolognese. I locali in cui si esibisce con maggior frequenza sono il "Gatto Nero", tempio del ballo alla Filuzzi, il "Garden", il "Settimo Cielo" ai Giardini Margherita dove presenta per la prima volta La risata, e la "Accademia Migliorini". Non mancano neppure tournée all'estero tra cui spiccano le "Serate Italiane" in Venezuela del 1989.
La sua attività lo porta a cantare spesso anche con grossi calibri della canzone italiana come Nilla Pizzi e Giorgio Consolini oltre al gruppo degli affermati artisti bolognesi con cui si alterna nei locali più frequentati della città. Interprete di successo, Adrianén ha un canale privilegiato col pubblico perché oltre a cantare è un ottimo presentatore e fantasista che trasmette un'immediata carica di allegria. Nei suoi spettacoli non mancano mai storielle e barzellette oltre ad aneddoti di vita vissuta, tipici della realtà locale del secolo scorso.
Cantante, autore e arrangiatore, ha scritto 42 testi che si possono considerare un classico nell'ambito della produzione dialettale bolognese.

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MARIO MEDICI

 Mario Medici, detto Marién (1907-1984). Medici era anche un buon suonatore della chitarra bolognese, a cinque corde, e nell’Italia Fascista degli anni Trenta, fra i diversi mestieri che gli permisero di sopravvivere, Marién si arrangiò anche vendendo cioccolata senza la dovuta licenza. Scoperto, fu multato di 1000 lire e dovette rifugiarsi a Parigi, dove visse un periodo di grande nostalgia per le persone care che aveva dovuto lasciare nella sua amata Bologna, e, allo stesso tempo, di grande successo come chansonnier  Divulgatore della canzone La râza bulgnaiṡa (di Panigoni e Laurenti), secondo inno alla bolognesità dopo Bèla Bulåggna ma più autoironico e scanzonato, Medici dopo il periodo di collaborazione con Quinto Ferrari comincia un sodalizio col figlio Alfredo, autore di molti dei suoi pezzi. Ricordiamo, fra le canzoni di Medici, La Piazôla, Vecchio tram e l’emozionante A rédd es a zîg, che ricorda “Ridi, pagliaccio” di Leoncavallo. 

Gli amici lo chiamavano affettuosamente Marién al zopén, per la claudicanza causatagli dalla poliomielite all’età di 11 anni, ma il nomignolo non sminuiva certo l’innata arte di Mario Medici: quella del canto.

Marién fu uno degli interpreti più brillanti e melodiosi della Bologna del Novecento, un autentico menestrello in vernacolo e non solo.
Abile nella battuta pronta e amante della buona compagnia, soleva intrattenerla con la sua bella voce da instancabile show man… se c’era lui il locale si riempiva in poco tempo. Quando Marién iniziava a cantare tutti si zittivano e amici e pubblico si incantavano ad ascoltarlo

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ANDREA MINGARDI

Mingardi nasce a Bologna il 1° agosto 1940 da padre bolognese e madre siciliana. Inizia la sua carriera come cantante di rock and roll: già alla fine del 1959 è il leader dei "Golden Rock Boys", che si esibiscono a Modena e che hanno, tra i loro brani, il rock blues Rosa rosae rock'n'roll (canzone che, come si capisce dal titolo, parla delle difficoltà della scuola, e in particolar modo del latino). Il gruppo è costituito, oltre che da Mingardi (che canta e suona la batteria), dal bassista Beppe Federici, dal pianista Antonio Corsello e da Paolo Guarnera alla voce e al sax, che presto lascia il gruppo per entrare nei Gatti (dove suonano Francesco Guccini e Victor Sogliani).

Mingardi debutta con il 45 giri Lentement dans la nuit/Si je pouvais, nel 1962; nello stesso anno entra come cantante nella Rheno Jazz Gang (gruppo dove al clarinetto suona il futuro regista Pupi Avati), con cui incide il secondo disco sul lato B della versione di Ballata di una tromba, successo di Nini Rosso. Crea diversi gruppi, lavorando intensamente in quelle che erano vere fucine di musica: le discoteche, ben diverse da quelle che conosceremo negli anni '80 e nel 2000. Il suo gruppo, composto da Lauro Molinari, Giuseppe Martini e una bella squadra ben amalgamata, produce un ottimo Rhythm & Blues, inserito in un repertorio vastissimo, dal quale sfuggivano pochissimi brani classici della grande musica americana, sino al twist, al rock, al beat.

Nel 1976 ottiene un discreto successo di vendite con la canzone Datemi della musica (anni dopo riproposta da Mina). Crea il gruppo Andrea Mingardi Supercircus. Passa dunque a comporre canzoni in dialetto bolognese dal contenuto ironico e divertente, a volte al limite del demenziale, ma con influenze musicali decisamente funky e blues. Ad esempio, una delle sue canzoni più note al pubblico bolognese, A iò vest un marzian, parla di un extraterrestre che torna sulla terra da un pianeta ipercivilizzato per respirare un po' di aria buona e piangere mangiando cipolle.

Pus, del 1978, apparentemente inquadrabile nel genere demenziale («Il papank e la mamank vanno in giro a dir che sono stank di avere un figlio punk che senz'altro una rotella gli mank»), è in realtà una satira del punk che allora andava di moda. Nel 1984 partecipa alle varie tappe del Festivalbar, compresa la finale all'Arena di Verona, con il brano Un boa nella canoa, prodotto dalla Cruisin' Records e che si rivela essere uno dei tormentoni di quell'estate. Nel 1988 partecipa alla realizzazione dell'album Dalla/Morandi apparendo nell'album come corista. Nel 1991 vince con la canzone Caruso la trasmissione Sapore di mare.

Debutta al Festival di Sanremo nel 1992 con Con un amico vicino, in compagnia di Alessandro Bono. Segue una serie di nuove partecipazioni: nel 1993 con Sogno, nel 1994 con Amare amare, nel 1998 con Canto per te e nel 2004 con È la musica (insieme con la Blues Brothers Band). Nel 2003 è l'autore italiano della canzone "Un'amica colombiana", brano in gara al 45º Zecchino d'Oro. Del 2006 è il duetto con Mina nella canzone Mogol e Battisti (contenuta nell'album di lei Bau), che segna l'inizio della collaborazione di Mingardi come autore per la grande cantante (sua anche Amiche mai per il duetto Mina-Ornella Vanoni).

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FAUSTO CARPANI

Fausto Carpani è nato a Budrio, in provincia di Bologna, il 9 giugno 1946. La sua famiglia si trasferisce a Bologna in una casa vicino ai Prati di Caprara quando aveva sei anni. I suoi quattro nonni sono nati a Lizzano in BelvedereMinerbioImola e Monte delle Formiche. Le diverse ascendenze sono state spesso rivendicate da Carpani, che pure canta in dialetto bolognese cittadino, imparato durante l'infanzia trascorsa nel capoluogo emiliano.

Conseguito il diploma magistrale, esercitò diversi mestieri fino a che fu assunto dalle Poste italiane[2], inizialmente come portalettere e poi come impiegato, dove rimase fino al pensionamento. Del periodo precedente quello postale gli rimane in particolare la lavorazione del legno.

Dopo aver impiegato il suo tempo libero in attività di direzione e coordinamento di associazioni giovanili sportive e ricreative, a 42 anni è divenuto autore di canzoni e cantante, soprattutto in dialetto bolognese. L'attività di cantautore dialettale iniziò nel 1988, quando Carpani, insieme all'amico Geppo Pulga, si presentò alla seconda edizione del Festival della Canzone Dialettale Bolognese, organizzato per la prima volta nel 1987 dal Comune di Bologna. I due risultarono vincitori della seconda edizione con la canzone a due voci Lucàtt blûṡ (Il blues del lucchetto), ex aequo con la canzone L'Aventûra (L'avventura) di Cesare Malservisi, altro cantautore bolognese scoperto dal Festival. Carpani partecipò al Festival anche alla terza e ultima edizione, tenutasi nel 1989, e tornò a vincere con Prè ed Cavrèra. Nel luglio del 2009 il Comune di Budrio lo ha insignito del “Premio Città di Budrio”, che racconta la sua infanzia ai Prati di Caprara e si può considerare la sua canzone più nota.

Dopo una prima fase in cui era accompagnato dal pianista Annibale Modoni, fra il 1989 e il 2003 Carpani associò il suo nome a quello di Stefano Zuffi, musicista e polistrumentista scomparso nel 2012. Insieme hanno anche portato all'estero la tradizione musicale emiliana e il dialetto bolognese, con concerti in UruguayBrasileArgentinaStati Uniti d'AmericaCanadaGran BretagnaFrancia e Romania. Nell'ottobre del 2007 il Comune di Bologna gli ha conferito il riconoscimento “Nettuno d'oro”.

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LEONILDO MARCHESELLI

Anche se non si tratta strettamente di un cantore, merita un riconoscimento particolare perché ha comunque collaborato con quasi tutti i Cantori della Bolognesità Leonildo Marcheselli, detto "Nildo" (Longara di Calderara di Reno, 20 luglio 1912 – Bologna, 24 giugno 2005), è stato un musicista italiano. È il più importante esponente (tanto da esserne considerato il padre) della Filuzzi, il liscio che si suona a Bologna e nella Provincia di Bologna.

Nasce da Serafino e da Pasqua Accorsi, famiglia di braccianti agricoli di Longara di Calderara di Reno (Bologna). Cresce con le sorelle Debora e Maria. Serafino e Pasqua Accorsi ebbero un altro figlio maschio, primogenito, di nome Primo, morto solo tre giorni dopo la nascita avvenuta il 17 ottobre del 1903.

Fin da giovanissimo dimostra interesse per la musica. Ha circa dodici anni quando decide di studiare musica seriamente prendendo lezioni dal maestro Peppino Ferri (anch'egli di Longara e di origine contadina), suonatore di chitarra e di mandolino. A quattordici anni risulta lavorare come cordaio e garzone di stalla presso lo stesso maestro Ferri, da cui continua a prendere lezioni di mandolino e di cui si guadagna la stima e l'amicizia. Un momento importante della sua vita è a sedici anni, quando incomincia a lavorare come muratore a Bologna. Qui conosce l'organetto bolognese, creazione di Ettore Biagi, modificato successivamente in unitonato e con l'aggiunta della quarta fila di tasti da Attilio Biagi e dal maestro Tonelli. Proprio dal maestro Tonelli si fa impartire lezioni di musica, approfondendo le partiture per organetto. Continua comunque ad abitare a Longara dove suona con l'amico Ferri e dove forma, tra il 1930 ed il 1932 il suo primo trio filuzziano, con Peppino Ferri alla chitarra e Benfenati al clarinetto.

Glianni cinquanta  e gli anni sessanta vedono Leonildo Marcheselli fortemente impegnato in serate, incisioni discografiche e nella sua attività di compositore, oltreché nelle trasmissioni radiofoniche.

In questo periodo è particolarmente significativa la sua attività di insegnamento della musica (solfeggio, fisarmonica ed organetto). Numerosi i suoi allievi, molti dei quali lasceranno il segno nel mondo della Filuzzi e dei quali vanno citati Ruggero Passarini e Romano Merighi. Va detto che la sua attività di insegnamento non si limita alla sola Filuzzi: basti ricordare che impartisce i primi insegnamenti di musica a Lucio Dalla ed al maestro Fio Zanotti.

La sua canzone Bela Bulagna è stata cantata nel 2017 dal Piccolo Coro dell'Antoniano, ed è considerata un evergreen della musica radiofonica, insieme a Tarzan Boy dei Baltimora e Jump dei Van Halen.

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GIANCARLO CORSINI

Cantastorie e stornellatore di S. Venanzio di Galliera

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CESARE MALSERVISI

La Biblioteca Lame di pubblica lettura situata nel Quartiere Navile è intitolata Cesare Malservisi (1935-2005), maestro, educatore, musicista e cantautore di musica popolare, fondatore della prima biblioteca Lame a Pescarola.

Profondo cultore delle tradizioni popolari (studiava e insegnava con la moglie Francesca Ciampi le danze dell’Appennino, fra cui il “ballo staccato”): la sua produzione è tutta di grande qualità, nata da una profonda osservazione dell’umanità (Muṡéo Grevén, Chi l’à d ôr, L’infanzia) e dal ricordo di esperienze di vita (cfr. la gucciniana Curdgèla e Al cumå, un gioiello della canzone bolognese) e di militanza in prima persona (La seziån, Pôrta däl Lâm).

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ALDO VARINI

Aldo Varini (1920-1993), con le sue canzoni alcune straboccanti di allegria (Un òmen stranpalè, Sprucajén, Cum am agrîva) e altre piene di nostalgia per la vecchia Bologna di cui già allora si notava lo sbiadire (Chèra Bulåggna).

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GIANNI PALLOTTI

Gianni Pallotti è nato a Marzabotto ed è stato un cantante e poeta di cultura bolognese, oltre che grafico illustratore di grande bravura. Ha scritto tanto, e cantava le sue canzonette alternandosi con la sorella Adriana Pallotti e le sue poesie. Negli ultimi tempi si era anche messo a suonare e cantare insieme al figlio Daniele. Gianni ci ha lasciati un brutto giorno del 2002, senza riuscire a incidere la sua musica e la sua voce per il proprio pubblico. Fortunatamente, nell'ultimo periodo Daniele si è messo a portare in giro l'eredità del padre, facendo conoscere a un pubblico più ampio questo autore dai testi divertenti e ironici ma anche struggenti e all'insegna del ricordo, con rime abili e fantasiose che incrociano il bolognese con le lingue straniere (ad esempio dialàtt "dialetto" con l'inglese chestnut "castagne"). In attesa che finalmente un editore illuminato pubblichi un bel CD con capolavori quali Caraibi e BalûṡA mèża strè e Al piôv,  su Youtube si trovano alcune canzoni di Gianni cantate da Daniele. Inoltre, presentiamo in questa pagina alcune poesie di Gianni, qualche fotografia e un ricordo scritto dal figlio e uno dalla sorella

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AGOSTINO SASSI

Agostino Sassi (Agustén), 1933 -  2013, che, in collaborazione col grande poeta Luciano Atti prematuramente scomparso, ha dato alla canzone bolognese gioielli come Oh, mî bèla Cataréṅna e La vétta, quest’ultima iscritta al Primo festival della canzone bolognese del 1987

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